L’influencer è un lavoro? - Tu News 24 - Passione per l'informazione

2022-11-03 14:49:25 By : Mr. Zhongbin Shen

L’influencer è un lavoro? Davanti a quest’affermazione, taluni alzano il sopracciglio, oppure ridono guardando l’interlocutore con aria perclulante e sovente piuttosto commiserante. Si fatica ad inquadrare l’attività dell’influencer come un “lavoro vero”, eppure sovente è così.

Ci sono alcuni influencer che guadagano cifre da capogiro, ma è altrettanto vero che c’è stato anche un boom di finti influencer su Instagram, che comprano prodotti fingendo che siano un regalo. Insomma, cercano di farsi un nome e tanti sono solo “fuffa”. Accade ormai sempre più spesso. Arrabattandosi comprano di tutto, dai prodotti di tecnologia fino all’abbigliamento. Riempiono la casa di cosmetici di ogni genere, nella speranza di ottenere l’attenzione di brand e raggranellare followers.

Gli aspiranti influencer, prima di lavorare con i brand, fingono di essere stati ingaggiati da qualcuno e fanno post con creme, scarpe, ciondoli. Il mutar dei tempi porta alla creazione di nuove professioni, sfruttando il potere dinamico dei social media, eppure non è tutto oro quello che luccica. La valanga di influencer si sveglia ogni giorno, piuttosto tardi a dire il vero, sperando di vendere ogni sorta di cremine, borse e ultimamente anche consigli.

Non mancano pillole di psicologia. Si fatica a credere che si tratti di un lavoro vero e proprio, forse perché spesso non lo è affatto. Dai social media rimbalza nel metaverso, una realtà aumentata, colorata, pompata, alterata e molto artefatta. Sembra che gli influencer abbiano una vita fantastica, forse perché mostrano solo ciò che vogliono farci vedere e con una scrematura non indifferente. Vacanze da sogno, oppure solo angoli contenuti dall’inquadratura. Sovente ci rendono partecipi di eventi privatissimi, che chiunque altro terrebbe per sé.

C’è una lista infinita di foto di ecografie di feti, test di gravidanza, come se una nascita fosse un fatto straordinario. Sbagliato, le donne come mammifere, partoriscono come vacche o gatte. Sbattere poi il figlio nel web, significa manipolarlo e instillargli da subito l’idea che la sua immagine non è privata, bensì di tutti. Il gioco delle parti però dovrebbe svolgersi ad armi pari.

Perché quando si coinvolgono dei bambini, qualcosa stride sul serio. Abbiamo visto famosi “venditori del web”, usare i figli come angioletti inconsapevoli, che vengono agghindati come bambolotti. Devono caracollare con boccoli e ciuffetti, pieni di etichette, marchi, brand, giocattoli e bavaglini, che urlano sport, pubblicità loro malgrado; per la gioia di mammina che deve fatturare. I paciocconi fanno tenerezza, ridono, sbavano la pappa, ma sul bavaglino da sponsorizzare.

I baby influncer non sanno che qualcuno sta usando la loro immagine. Sempre più bambini, infatti, si ritrovano già dai primi vagiti, ad apparire sui social. Vuoi per la padronanza con il mezzo tecnologico che iniziano ad aver fin da piccolissimi, vuoi per scelta dei genitori, che decidono d’iniziare a condividere foto e video dei propri figli, ignari delle possibili conseguenze. Vediamo mamme camminare con borsette che costano come una Crociera e la figlia quindicenne a ruota, sembra la fotocopia della mamma.

Nelle inquadrature di queste persone che si filmano davanti alla lampada ad anello, perché illumina spianando le rughe ed esaltando l’incarnato, non si vede mai un libro. Scarpe da quattromila euro, borse, trucco e parrucco che costano cifre da capogiro e nemmeno un libro. Parlano poco, spesso il discorsetto è preparato a dovere, e i litigi con la lingua italiana sono sempre dietro l’angolo. Talvolta formano dei libri, che però hanno scritto altri. Alcuni elargiscono pillole di maleducazione, teorie e sproloqui pieni di classismo. Non mancano badilate di spocchia e insulti a chi non è della loro “classe”.

In ogni caso ci sono influencer con un numero esorbitante di seguaci; così come influencer di provincia che raggranellano meno, eppure sono sempre lì a sponsorizzare le cremine, beveroni, leggins, o certi dubbi trattamenti estetici di altrettanto dubbia provenienza.

Fa tanta mestizia guardare la pochezza di donnine che stentano nel parlare un italiano corretto eppure, mostrificate dalla chirurgia plastica promuovono qualunque carabattola. Bisogna fare attenzione però con la bomba a orologeria dei social, che prima o poi scoppia. Quello che potrebbe essere un semplice ricordo ben presto potrebbe finire ovunque, ovviamente anche in mani sbagliate. Come se non bastasse, ci sono gruppi su Whatsapp o Telegram creati apposta per far aumentare i followers. La stessa tecnica viene usata anche per i likes. Alcuni di questi gruppi sono a pagamento e se chi vi partecipa ha decine o centinaia di migliaia di followers. Un like ricevuto da un account con 100000 followers vale molto di più di un like dato da un account con 10 followers. Un’altra tecnica molto comune usata per aggirare l’algoritmo di Instagram è quella dei commenti falsi.

Il motivo è semplice: Instagram assegna più importanza ad un commento che ad un like e se vede che ci sono molti commenti in un contenuto nuovo premia quel contenuto dandogli maggiore visibilità. Quindi in ultima analisi, sono pochi i veri influencer e tanti i nullafacenti che usano delle scappatoie collaudate. Ma l’influencer è un lavoro?

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